Il Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD): la relazione tra Psiche e Soma

Dec 20, 2023

Il corpo è memoria. Non è il corpo che si sveglia al mattino, ma la vostra memoria. Il corpo è il passato. È uno schema di reazioni, resistenze e paure cristallizzate
-jean klein-

Il trauma è un evento soggettivo e le reazioni adattative biologiche che interverranno in risposta a esso, e non l’evento stesso, sono cruciali e definiranno - o no - una patologia in seguito all’evento traumatico. 

Per alcune persone, i fatti “traumatici” sono solo fatti, per altre persone invece sono eventi minacciosi che mettono in pericolo la propria vita, sopraffacendo la capacità dell’individuo di integrare la propria esperienza, portandolo a valutare situazioni come minaccia per la propria sicurezza e sopravvivenza, stimolando risposte difensive sottocorticali, di ipo o iper-attivazione, attraverso sensazioni e impulsi fisici e fisiologici, che prescindono dalle funzioni cognitive e attivano risposte a livello sottocorticale come strategie di sopravvivenza.

Il trauma non si deposita nella memoria esplicita (amnesia), ma viene immagazzinato a livello più basso del sistema nervoso, e i ricordi sono di tipo neurocettivo, sensoriale, avulsi dalla narrazione, la corteccia viene silenziata, la valutazione cognitiva è assente, il sistema limbico, l’ippocampo e la memoria esplicita della narrazione viene ridotta. 

Molto attiva invece è l’amigdala, che ci consente di sopravvivere perché rileva la minaccia e mette in atto risposte di sopravvivenza, ma che in questi casi rimane sensibilizzata e collega immediatamente cose che, anche vagamente, richiamano al trauma, scatenando reazione difensive anche quando il trauma è superato: Ciò perché essa non distingue più tra passato e presente, ma manda impulsi di sopravvivenza a livello del tronco encefalico, pescando nella memoria implicita del sistema nervoso, che rimane disregolato e attivo, con risposte difensive, emozionali e attraverso sintomi fisici, con tutto ciò che è potenzialmente associabile alla situazione traumatica, anche se non si è più in una situazione traumatica.

La memoria implicita attua, in questa ripetizione, un apprendimento procedurale, automatico, così che, un trigger, uno stimolo, attiva meccanismi disadattivi, anche molto tempo dopo che le condizioni, gli stimoli esterni sono cambiati, e la persona rimane in uno stato di allerta.

L’idea di intervento, in casi di disregolazione del sistema Nervoso Autonomo (che dopo un evento traumatico rimane in situazioni di congelamento o ipereccitazione, con risposte somatiche e psicologiche sproporzionate, invadenti e paralizzanti, che spesso superano la finestra di tolleranza del paziente, dove anche esperienze normali o persino positive vengono vissute come minacciose) è l’utilizzo di tecniche che trattano direttamente gli effetti autonomici e somatici che perpetuano i sintomi psicofisiologici, della disregolazione autonomica e affettiva che sta alla base dell'eredità sintomatica del trauma.

I principi teorici che sottostanno a questa tipologia di terapia per affrontare il trauma si basano su una serie di modelli ben consolidati, e su risultati della ricerca neuroscientifica sugli effetti dell'esperienza traumatica sul cervello e sul corpo. L’attenzione viene data principalmente alla modulazione dell'eccitazione autonomica e al reinserimento delle risposte adattive. 

È una terapia che si avvale di differenti strumenti o porte di entrata che si adattano alle necessità del qui e ora del paziente. È una terapia che utilizza l’esperienza corporea come punto di ingresso principale insieme ad approcci cognitivi ed emotivi, dialogo verbale e interventi fisici (per regolare il SNA attraverso tecniche che agiscono sul Nervo Vago e sugli altri sistemi regolatori) in quanto si ritiene che la terapia della parola è limitata nel trattamento del paziente con trauma, dove appunto la psiche e il soma possono rimanere in modalità “sopravvivenza/autonomica/sottocorticale”. 

La terapia si concentra sul favorire la consapevolezza non giudicante della persona, delle persistenti risposte fisiche, cognitive ed emotive evocate dalla narrazione o dagli stimoli legati al trauma. Il paziente, in questo tipo di terapia, diventerà più attivo nel processo di cura, attivando una nuova attenzione al corpo, per diventare successivamente più indipendente e imparare ad autoregolarsi.  Piuttosto che essere l’evento stesso il focus del trattamento, alla persona viene chiesto di osservare consapevolmente, senza interpretare o analizzare la successione di pensieri, sentimenti, sensazioni o movimenti del corpo, che si verificano quando si pensa o si parla dell'evento. Si aiuta a comprendere i segnali interni provenienti dal corpo e sviluppare i confini relazionali adattativi, praticando consapevolmente azioni ed espressioni verbali che comunicano nuovi confini. 

Mentre il paziente parla dell'evento traumatico, il terapeuta osserva le sue risposte emotive e corporee per verificare come queste esperienze siano state codificate in modo non verbale e autonomo (Ogden et al, 2006) dirigendo l’attenzione alla modulazione dell'eccitazione autonomica e al reinserimento delle risposte adattive, con l’obiettivo di elaborare e riorganizzare l'esperienza in modo che non abbia più un effetto schiacciante o debilitante

In definitiva, questo tipo di terapia si focalizza principalmente su:

-Azioni fisiche e le sensazioni del corpo, non solo sulla storia.

-Lavoro sulla memoria implicita, piuttosto che la esplicita.

-Interventi neuroregolatori che stabilizzano l’attivazione, piuttosto che interventi interpretativi o di spiegazione solo verbale. 

Mano a mano che l’eccitazione autonoma si attenua, i pazienti iniziano a provare un senso di padronanza in relazione al trauma, contrastando il senso di impotenza che avevano precedentemente sperimentato; in quei momenti, la relazione con la memoria o l'evento è "riorganizzata".  L’esperienza del qui e ora, del passato traumatico, le reazioni emotive, i pensieri, le immagini, le sensazioni corporee e i movimenti che emergono spontaneamente nel momento della terapia diventano i punti focali dell’esplorazione e del cambiamento. Questa stimolazione esterocettiva e propriocettiva aiuta a rompere lo schema corporeo bloccato, mandando una stimolazione dal sistema efferente al sistema centrale che si troverà “costretto” ad aprire/trovare una nuova via più consona, e più comoda.